Pubblichiamo
qui in ordine alfabetico un glossario delle principali figure
retoriche, indispensabile per poter comprendere il tessuto stilistico
delle opere letterarie non solo latine, ma anche greche e italiane. Iniziamo
con la lettera A e a mano a mano procederemo con le altre lettere
A,
B,
C,
D, E, F, G, H, I, L, M, N, O, P,
R, S, T, U, V, Z Accumulazione
(o coacervatio):
enumerazione
di vari elementi (pronomi, aggettivi, verbi) aggiunti gli uni agli altri e
coordinati fra loro. Es.: Larem ac penates tectaque…. relinquentes (Livio) = lasciando il focolare, i penati e le case
Adynaton:
termine
greco (derivante da a
privativo
e dynamai,
"posso";
quindi "impossibile") che definisce un evento chiaramente
irrealizzabile e paradossale, subordinando il suo avverarsi a un altro
fatto ritenuto impossibile. Es.: Ante leves ergo pascentur in aethere cervi... quam nostro illius labantur pectore voltus (Virgilio) = i cervi leggeri dunque pascoleranno nell’etere prima che il suo volto scivoli via dal nostro cuore.
Allegoria
(o metafora continuata): è una metafora che non si limita ad una
parola ma che si estende a un pensiero intero ed è una figura logica.
Consiste in pratica nell’attribuire al discorso un significato
simbolico, differente da quello letterale. È celebre e tradizionale
l’esempio tratto da Orazio e precisamente dalla quattordicesima ode del
libro primo in cui la navigazione rappresenta allegoricamente la vita
politica Es.:
O
navis, referent in mare te novi / fluctus... (Orazio)
= o nave ti riporteranno in mare nuovi flutti… Altrettanto
celebre è l’allegoria della nave-Stato in Alceo. La
chiave allegorica è spesso stata usata per l’interpretazione di interi
testi letterari, quali la quarta ecloga di Virgilio considerata un
annuncio della venuta di Cristo.
Allitterazione:
è una figura di suono basata sulla ripetizione di suoni vocalici,
consonantici o sillabici iniziali di due o più termini contigui. Es.: Tityre tu patulae… (Virgilio)
Allusione (o arte allusiva): procedimento artistico tramite il quale l'autore richiama esplicitamente al lettore colto uno o più modelli imitati con intento emulativo. Il procedimento è particolarmente in uso nel periodo ellenistico greco (vedi Callimaco, Apollonio Rodio) e negli autori latini con particolare riferimento a Catullo, Orazio, Virgilio.
Amplificazione (amplificatio): procedimento retorico che ha il fine di ingigantire o accentuare un argomento che di per sé può anche essere insignificante. Viene usato nelle orazioni per colpire e nello stesso tempo deviare l’attenzione del pubblico da elementi più importanti.
Anacolùto:
è un vero e proprio errore nella
costruzione regolare del periodo (etimologia = “non conseguente”),
costituito da brusco cambiamento di soggetto, mancanza della proposizione
principale, periodo sospeso, ecc. È una figura sintattica usata per lo più
per riprodurre il linguaggio parlato. È nota la famosa frase “Io,
speriamo che me la cavo”. Un esempio in latino: Es.:
(animus) perniciosa lubidine
paulisper usus,…… naturae infirmitas accusatur (Sallustio) =
l’animo dopo che si è abbandonato alla rovinosa sfrenatezza,…., si
accusa la debolezza della natura. Il soggetto animus viene soppiantato nella stessa proposizione, da un altro soggetto natura
Anadiplòsi (= raddoppiamento o reduplicazione): figura retorica per la quale si ripete la parola a cui si vuol dare maggiore evidenza Es.: Ma passavam la selva tuttavia, La selva, dico, di spiriti spessi (Dante) Es.: Addit se sociam timidisque supervenit Aegle, / Aegle Naiadum pulcherrima (Virgilio) = arrivò Egle, Egle, la più bella delle Nereidi, e si aggiunse a quei timorosi
Anàfora
(o
ripetizione iniziale): è figura sintattica che consiste nella
ripetizione, all'inizio di frasi, di periodi o di versi consecutivi, di
parole o espressioni identiche.
Famosa l’anafora dantesca: “Per me si
va nella città dolente / per me si va nell’etterno dolore / per
me si va tra la perduta gente”. Un esempio in latino: Es.: (philosophia) qua nihil uberius, nihil florentius, nihil praestabilius hominum vitae datum est (Cicerone) = la filosofia, di cui non è stato dato alla vita degli uomini da parte degli dei immortali nulla di più fruttuoso, nulla di più proficuo, nulla di più nobile...
Anàstrofe:
procedimento stilistico mediante il quale si inverte, di solito in poesia
per esigenze metriche, l'ordine naturale di due parole. Ciò avviene più
frequentemente tra preposizione e sostantivo o tra congiunzione e pronome
dimostrativo: Es.:
arva
inter invece
di inter
arva. È
molto frequente nella poesia greca in cui la preposizione, posposta al suo
sostantivo, ritira l’accento.
Anticlimax:
(o
gradazione discendente) opposta
al climax e consistente nella disposizione di una serie di concetti
o di vocaboli in ordine decrescente di forza e di intensità. Antinomia:
contraddizione reale o apparente tra due concetti. Antìtesi:
contrapposizione di due termini o di due concetti che spesso si mettono in
risalto vicendevolmente: Es.:
non fronda verde, ma di color fosco / non rami schietti, ma nodosi (Dante) Es.
impares nascimur, pares morimur (Seneca)
= nasciamo diversi, moriamo uguali. Antonomàsia:
consiste nella sostituzione del nome proprio di una persona con un epìteto
che ne sottolinei una caratteristica che lo rende immediatamente
individuabile; tale epiteto può essere un nome comune o un aggettivo
indicante il luogo di provenienza.
Viceversa
può designare la personalità di qualcuno con il nome di un personaggio
proverbiale che dimostra di avere le sue stesse qualità:
Es.: The Voice = Frank Sinatra; Luca è un Don
Giovanni; L’Austriaca = Maria Antonietta
Es.: Phoenissa,
"la
Fenicia" = Didone, originaria della Fenicia; Caesar
= imperator (dal
nome del primo imperatore). Apò
koinoú:
dipendenza
in comune di un termine da due diversi elementi della proposizione. Es.: lam modo iam possim contentus vivere parvo (Tibullo) = ora finalmente possa io vivere contento di poco (oppure: possa, contento, vivere di poco). L'ablativo parvo è retto sia da contentus sia da vivere. Es.: Stetit in conspectu posito corpore (Seneca) = Stette in piedi sotto gli occhi di tutti con il cadavere esposto (oppure: stette in piedi con il cadavere esposto sotto gli occhi di tutti). In conspectu può essere riferito tanto a stetit quanto a posito corpore.
Apòcope:
caduta di uno o più fonemi nella parte finale di una parola. Es.: sat = satis
Aposiopèsi = reticenza Apòstrofe:
invocazione rivolta con particolare enfasi a persone o a cose
personificate.
Es.: Priami arx alta maneres!
(Virgilio) = (tu) alta rocca di Priamo, rimarresti (ancora) Aprosdòketon:
termine greco con cui si definisce un elemento inatteso che viene inserito
nel discorso, con lo scopo di provocare un effetto a sorpresa. Arcaismo:
termine desueto, tratto dal linguaggio di un’epoca passata. Serve a
conferire una patina solenne o semplicemente dotta al discorso (vedi
Lucrezio, Catullo, Sallustio) Es.: maxume = maxime
Asindeto:
sequenza di termini o di proposizioni sintatticamente uguali, coordinati
tra loro non da congiunzioni coordinanti (et, sed) ma dalla sola virgola
Es.:
Veni,
vidi, vici
(Svetonio)
=
venni, vidi, vinsi Assonanza:
figura di suono che indica la ripetizione di suoni vocalici in parole
vicine. È detta anche rima imperfetta in quanto si ripetono le vocali
finali a cominciare dalla vocale accentata, mentre differiscono le
consonanti
Es.:
còrto / mòlto Es.: de Ligari scèlere dìcere (Cicerone) = parlare del delitto di Ligario. |