Troppo
cibo e troppo esercizio fisico non giovano allo spirito
Gli antichi ebbero
l’usanza, conservata fino al mio tempo, di aggiungere alle prime parole
della lettera: “Se (tu) stai bene sono contento (lett.: va bene), io sto
bene”. Noi (invece) giustamente diciamo: “Se fai della filosofia, sono
contento (lett.: va bene)”. Infatti alla fine, questo è star bene.
Senza questo l’animo è malato; pure il corpo, anche se possiede grandi
forze, è sano non diversamente da (quello) di un furioso o di un
frenetico. Pertanto, cura prima di tutto la salute dell’animo, poi anche
quella del corpo (lett.: cura questa salute poi anche quella come
seconda); e questa non ti costerà molto se vorrai stare bene. È stolta
infatti, o mio Lucilio, e niente affatto adatta ad un uomo di lettere,
l’occupazione tesa a (lett.: l’occupazione di) esercitare i muscoli,
ingrossare il collo e rinsaldare i fianchi; quando un nutrimento
abbondante abbia avuto per te un esito positivo e i muscoli siano
cresciuti, non uguaglierai mai né le forze né il peso di un bue ben
pasciuto. Aggiungi ora il fatto che l’animo viene gravato da un
nutrimento del corpo troppo abbondante ed è meno agile. Perciò fissa
quanto (più) puoi dei limiti al corpo (lett.: limita quanto puoi il
corpo) e lascia spazio all’animo. Molti incomodi seguono quelli dediti a
questa (= del corpo) cura: prima di tutto gli esercizi, la cui fatica
esaurisce lo spirito e lo rende incapace di concentrazione e di studiare
in modo troppo intenso (lett.: inabile alla concentrazione e a studi
troppo intensi); poi dall’abbondanza dei cibi è offuscata la finezza
(dell’ingegno). Si aggiungono schiavi della peggiore qualità, chiamati
a far da maestri (lett.: accolti nell’insegnamento), uomini impegnati
fra l’olio e il vino, per i quali il giorno è trascorso secondo i loro
desideri (lett.: secondo il desiderio) se hanno sudato bene e se al posto
del sudore (lett.: di quello che è gocciolato fuori), hanno ingerito
abbondante bibita destinata, a digiuno, a scendere più giù. Bere e
sudare sono (lett.: è) la vita di un sofferente di stomaco.
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