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Le opinioni di tre filosofi sulla sepoltura
“Davvero
ho sprecato invano molta fatica, amici;” disse “infatti non sono
riuscito a convincere il nostro Critone che io me ne volerò via di qua e
che non lascerò nulla di me. Ma tutta via, Critone, se potrai seguirmi o
se mi troverai da qualche parte, seppelliscimi come ti sembrerà
opportuno. Ma, credimi, nessuno di voi mi raggiungerà, quando mi sarò
allontanato da qui”. Egli (parlò) molto bene davvero, poiché (lett.:
egli che) lasciò libera scelta all’amico e dimostrò che non si curava
affatto di tutto queto genere (di cose). Più duro Diogene che la pensava
anch’egli allo stesso modo. Ma come Cinico (si esprimeva) più
crudamente, ordinò di gettarlo insepolto. Allora gli amici (dissero):
“Agli uccelli e alle bestie feroci?”, “Niente affatto”, rispose,
“ma mettetemi vicino un bastoncino con cui scacciarli”, “Come
potrai?” (dissero) quelli “infatti non sentirai (nulla)”. “In che
cosa mi danneggerà, dunque, il morso delle fiere, se non sentirò
nulla?” Molto bene Anassagora, il quale, mentre stava morendo a Lampsaco,
agli amici che gli domandavano se volesse essere portato in patria, a
Clazomene, nel caso gli fosse capitato qualche cosa, disse: “Non è
affatto necessario, da tutte le parti infatti c’è la stessa distanza (lett.:
c’è altrettanto di strada) fino agli Inferi”.
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