Torna all'elenco delle versioni
Il valore del giuramento
Il
tribuno della plebe Marco Pomponio citò in giudizio L. Manlio, poiché
egli, essendo stato dittatore, si era aggiunto pochi giorni alla sua
dittatura (lett.: all’esercitare la dittatura); (lo) accusava anche di
aver allontanato dalla vita civile (lett.: dagli uomini) il figlio Tito,
che in seguito fu soprannominato Torquato, e di aver(gli) ordinato di
vivere in campagna. Questo fatto rincresceva moltissimo a Tito. Si dice
che il figlio giovinetto, avendo sentito che si procurava un fastidio al
padre, accorse a Roma e con la prima luce (dell’alba) arrivò a casa di
Pomponio. Essendo stato annunciato ciò a Pomponio, che pensava che egli,
adirato, gli avrebbe portato qualche accusa (lett.: qualcosa) contro il
padre, si alzò dal letto e, allontanati i testimoni, invitò il
giovinetto a venire da lui. Ma il giovane, come entrò, subito sguainò la
spada e giurò che lo avrebbe ucciso immediatamente se non gli avesse
giurato (lett.: avesse dato il giuramento)
che avrebbe lasciato libero il padre. Pomponio giurò, costretto da
questa paura, sebbene gli interessasse moltissimo accusare un sostenitore
dei patrizi; riferì la cosa al popolo; spiegò perchè fosse per lui
necessario desistere dall’accusa; liberò Manlio. Tanto valeva a quei
tempi un giuramento. Copyright: traduzione di proprietà del sito www.studentimiei.it. Diritti riservati. |