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La
leggenda di Arione (II parte)
I
marinai, non dubitando affatto che (Arione) fosse morto, mantennero la
rotta che avevano incominciato a fare. Ma accadde un fatto nuovo,
straordinario, miracoloso. (Narra Erodoto che) un delfino all’improvviso
giunse attraverso le onde, si pose sotto l’uomo che galleggiava, (lo)
trasportò tenendolo sollevato sul dorso (lett.: trasportò, sollevato il
dorso) sopra i flutti e lo condusse a Tenaro, in terra laconica,
fisicamente incolume (lett.: col corpo incolume) e col (suo)
abbigliamento. Allora Arione da lì (lett.: da quel luogo) andò
direttamente a Corinto, si presentò, tale quale era stato trasportato dal
delfino, al re Periandro che non se l’aspettava e gli raccontò il fatto
così come era accaduto. Il re credette poco a queste parole, ordinò di
incarcerare Arione, convinto che (lo) ingannasse, (e) dopo aver tenuto
nascosto Arione, chiese con aria indifferente, ai marinai che aveva fatto
rintracciare (lett.: rintracciati), che cosa mai avessero sentito dire di
Arione in quei luoghi da dove erano venuti; essi dissero che l’uomo,
mentre partivano da lì, era rimasto in Italia (lett.: in terra
d’Italia) e che là stava bene e se la spassava tra i favori e gli
svaghi delle (varie) città ed era ricco e fortunato. Allora nel bel mezzo
di queste loro parole saltò fuori con la cetra e i vestiti con i quali si
era gettato in mare; i marinai sbalorditi e smascherati, non poterono
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