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 Dumnorige supplica Cesare di salvare il fratello

 

Diviziaco dopo aver abbracciato Cesare con molte lacrime cominciò a implorarlo di non prendere provvedimenti troppo gravi (lett.: di non decidere nulla di troppo grave) nei confronti del fratello. Sapeva che quelle erano cose vere, e nessuno ne era addolorato più di lui, per il fatto che, mentre egli aveva moltissimo prestigio in patria e nel resto della Gallia (e) lui (= il fratello) poteva pochissimo a causa della (sua) giovane età, (suo fratello) era diventato potente grazie a lui: egli (= il fratello), però, si era servito di quelle risorse e di quelle forze, non solo per diminuire il suo favore, ma quasi per la sua rovina. Tuttavia, egli (= Diviziaco) era mosso sia dall'affetto fraterno, sia dall'opinione della (sua) gente. E se da parte di Cesare gli fosse capitato qualcosa di troppo grave, dal momento che aveva una grande amicizia con lui (= Cesare) (lett.: teneva quella posizione di amicizia presso di lui), nessuno avrebbe creduto che (ciò) non gli fosse accaduto per sua volontà: per cui egli avrebbe perso l'appoggio di tutti i Galli (lett.: sarebbe accaduto che gli animi di tutta la Gallia si allontanassero da lui). Mentre egli, piangendo, chiedeva queste cose a Cesare con più lungo discorso (lett.: con più parole), Cesare, gli prende la destra: dopo averlo consolato, lo prega di porre fine alle preghiere (lett.: fare fine del pregare): dichiara che la sua amicizia vale presso di lui tanto che al suo desiderio e alle sue preghiere condonava l’oltraggio (fatto) allo Stato e il suo risentimento. Chiama a sé Dumnorige, fa intervenire il fratello. Espone le cose che gli (lett.: in lui) rimprovera; dichiara le cose che egli sa (e) quelle di cui si lamenta il popolo; lo ammonisce a evitare in futuro tutti i sospetti e dice che (gli) perdona il passato in  grazia di suo fratello Diviziaco. Pone, però, dei custodi accanto a Dumnorige (= il fratello di Diviziaco) per poter sapere che cosa faccia e con chi parli.

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