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Anche un filosofo può avere paura

 

Navigavamo da Cassiope verso Brindisi nel (lett.: il) mare Ionio tumultuoso, sconvolgente, agitato. La notte poi che seguì il primo giorno, per quasi tutto il tempo (lett.: in quasi tutta quella) un vento furioso (che soffiava) di lato aveva riempito la nave di acqua. Infine poi mentre tutti i nostri si lamentavano e si davano molto da fare a svuotare la sentina (lett.: nella sentina), finalmente spuntò l’alba. Ma non cessarono per nulla né (lett.: non si cessò… circa) il pericolo né la furia del vento; anzi, le raffiche anche più frequenti, il cielo scuro, globi di fumo e alcune paurose formazioni di nubi che chiamavano “tifoni”, sembravano sovrastare e minacciare la nave pronte a sommerger(la).

Su quella medesima (nave) c’era (lett.: ci fu) un filosofo famoso nella scuola stoica, che io avevo conosciuto ad Atene, un uomo di non poco prestigio e che sapeva tenere avvinti (lett.: con sufficiente attenzione… tratteneva) i giovani discepoli. Allora in mezzo a così grandi pericoli e in quello sconvolgimento di cielo e di mare lo scrutavo con gli occhi desiderando sapere di quale stato d’animo (fosse) mai e se fosse imperterrito e intrepido. E lì vediamo un uomo trepidante e impaurito che non emetteva, come tutti gli altri, nessun lamento né simili grida (lett.: e nessuna espressione dello stesso genere), ma non molto differente dagli altri nell’alterazione del colorito e dell’espressione del volto.

Ma quando il cielo diventò limpido, il mare si calmò e quella furia del pericolo sbollì, si avvicina allo stoico un ricco greco d’Asia con grande eleganza, come vedevamo, e apparato di bagagli e di servitù ed egli stesso trasudava di molte raffinatezze del corpo e dello spirito.

Egli quasi schernendolo, disse: “Come mai, o filosofo, (lett.: che cos’è questo, cioè che) mentre eravamo in pericolo (lett.: nei pericoli) tu impallidisti e avesti paura? Io (invece) né temetti né ebbi paura?”

E il filosofo dopo aver esitato un po’ se (gli) convenisse rispondergli, disse: “Se (ti) sembra che io in mezzo ad una tempesta così violenta  (lett.: se io in qualcosa sembro in tanto grande violenza di tempeste) mi sia un po’ spaventato, non sei tu degno di ascoltare una spiegazione di codesto fatto. Ma di certo ti risponderà per me quel famoso discepolo (di Socrate) Aristippo, il quale, poiché gli era stato chiesto in una circostanza analoga da un uomo del tutto simile a te, perché (pur essendo) un filosofo aveva paura, mentre egli non temeva per nulla, rispose che il motivo non era lo stesso per tutti e due (lett.: per sé e per lui), perché quell’(altro) non aveva da preoccuparsi affatto per la vita di uno sciagurato pelandrone, mentre egli temeva per la vita di Aristippo”.

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