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Un contadino improvvisato

 

Un uomo trace (venuto) dagli estremi confini delle terre barbare (lett.: dall’estrema barbarie), inesperto della coltivazione dei campi (lett.: di coltivare la campagna), essendo emigrato in terre più civili per il desiderio di una vita più umana, comprò un fondo piantato a ulivi e vigneti (lett.: per olio e vino). (Egli) che non sapeva assolutamente niente sulla coltivazione di una vite o di una pianta vide (lett.: vede) per caso un vicino che tagliava i rovi cresciuti in lungo e in largo, potava i frassini quasi fino alla cima, strappava i germogli delle viti che si espandevano sulla terra dalle radici dei tronchi, recideva i polloni alti e diritti negli alberi da frutta e negli olivi, e (gli) si avvicinò (lett.: avvicina) e (gli) chiese perché facesse una strage così grande di legna e fronde. E il vicino così rispose: “Perché il campo, disse, diventi pulito e sgombro, le sue piante e le (sue) viti più feconde (lett.: la sua pianta e vite più feconda)”. Egli si allontanò dal vicino ringraziando(lo) e lieto per aver imparato (lett.: come avendo conseguito) l’arte dell’agricoltura. Dopo di che prende falce e scure; ed ecco che (quell’)uomo miseramente inesperto si dà a tagliare (lett.: taglia) tutte le sue viti e gli olivi e recide le più fiorenti chiome degli alberi e i più rigogliosi tralci delle viti e, per ripulire il campo, svelle insieme a pruni e rovi tutti gli arboscelli e i virgulti buoni per produrre frutti e messi, avendo imparato l’audacia a caro prezzo (lett.: con un cattivo guadagno) e avendo appreso con una imitazione ingannatrice la sicurezza nell’errore (lett.: di sbagliare).

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