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Tentativi di Cesare per ottenere la pace

Atque haec Caesar ita administrabat, ut condiciones pacis dimittendas esse non existimaret; ac tametsi magnopere admirabatur legatum, quem ad Pompeium cum mandatis miserat, ad se non remitti, atque ea res saepe temptata etsi impetus eius consiliaque tardabat, tamen omnibus rebus in pace persequenda perseverandum esse putabat. Itaque Caninium Rebilum legatum, familiarem necessariumque Scriboni Libonis, mittit ad ipsum Libonem conloquendi causa; mandat enim ut Libonem de concilianda pace hortetur; in primis, ut ipse cum Pompeio conloqueretur, postulat; magnopere sese confidere demonstrat aequis condicionibus bellum componi posse. Cuius rei magnam partem laudis ad Libonem ipsum perventuram esse dixit, si illo auctore atque agente ab armis  sit discessum. Libo a conloquio Canini digressus ad Pompeium proficiscitur. Paulo post renuntiat, quod consules absint, sine illis non posse agi de compositione. Ita saepius rem frustra temptatam Caesar aliquando dimittendam esse sibi iudicat et de bello agendum.

da Cesare, B. C. 1. 26

 

 

 

Ed ecco la traduzione letterale

                                                            

E Cesare organizzava queste cose in modo tale da ritenere che non si dovessere mettere da parte le trattative di pace; e sebbene si stupisse molto che il legato che aveva mandato a Pompeo con le proposte non venisse rimandarto a lui e sebbene quel tentativo spesso rinnovato ritardasse i suoi slanci e i suoi propositi, tuttavia pensava che si dovesse perseverare in tutti i modi nel cercare di ottenere la pace. Pertanto manda il legato Caninio Rebilo amico intimo di Scribonio Libone, da Libone stesso per fare un colloquio; lo incarica infatti di esortare Libone ad ottenere la pace; in particolare gli chiede di parlare personalmente con Pompeo; dichiara che egli confida moltissimo che si possa evitare la guerra con condizioni eque. Disse che gran parte del merito di questa cosa sarebbe andata a Libone stesso se si fossero abbandonate le armi (lett.: se ci si fosse allontanati dalle armi) essendo egli fautore e promotore. Libone, allontanatosi dal colloquio con Canino, parte alla volta di Pompeo. Poco dopo riferisce che, poiché i consoli sono assenti, senza di loro non si può trattare della pacificazione. Così Cesare pensa che il tentativo rinnovato troppo spesso invano debba finalmente essere abbandonato e che si debba trattare della guerra.

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