Successi
e prudenza di Metello
Frattanto a Roma esplose una enorme gioia quando si vennero a conoscere le imprese di Metello: come (cioè egli) si comportasse e comandasse l'esercito1 secondo il costume degli antenati, come, (pur) in un luogo sfavorevole, fosse risultato tuttavia vincitore grazie al (suo) valore, (come) si stesse impadronendo del territorio dei nemici, (come) avesse costretto Giugurta, (che era stato) baldanzoso (solo) per la viltà di Albino, a porre la (propria) speranza di salvezza in luoghi deserti o nella fuga. Perciò il senato, per quelle (imprese) felicemente compiute, decretava sacrifici agli dèi immortali; la popolazione, in precedenza trepidante e preoccupata per l'esito della guerra, era in festa2; la fama di Metello era splendida. (Ma egli), quanto più famoso era, tanto più ansioso diventava; quando c'era bisogno di frumento o di pascolo, le coorti con tutta la cavalleria facevano da scorta. Egli stesso comandava una parte dell'esercito, il resto (lo comandava) Mario. Ma il territorio era devastato più dagli incendi che dai saccheggi3. (Metello e Mario) ponevano l'accampamento in due luoghi non lontani l'uno dall'altro: quando c'era bisogno di un'azione energica4, agivano5 tutti insieme; per il resto operavano separatamente, perché la fuga e la paura si diffondessero per più vasto tratto. In quel tempo Giugurta (li) seguiva attraverso i colli, cercava il momento o il luogo (opportuno) per una battaglia; dove6 aveva saputo che il nemico sarebbe arrivato, rendeva inservibili i pascoli e le fonti d'acqua, di cui c'era penuria; disturbava le retroguardie7 e subito (dopo) se ne tornava sui colli, (poi) di nuovo minacciava ora gli uni, ora gli altri8; né attaccava battaglia né lasciava tregua: soltanto, tratteneva il nemico dal (suo) proposito.
faceva cose liete;
più dal fuoco che dal saccheggio;
di forza;
erano presenti;
per dove;
gli ultimi nella schiera;
altri dopo altri.
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