E Marcello, il quale aveva promesso in voto che, se avesse preso Siracusa, avrebbe dedicato (= fatto costruire) due templi in Roma, (ebbene), egli non volle ornare quello che aveva intenzione di far costruire con quegli oggetti1 che aveva preso: Verre, (invece), che non dovrebbe far voti a Onore né a Virtù, come lui, ma a Venere e a Cupido, (ebbene), egli cercò di spogliare il tempio di Minerva. Il primo2 non volle che gli dèi fossero ornati con spoglie sottratte agli dèi3, costui trasferì in un postribolo gli ornamenti della vergine Minerva. Inoltre portò via dal medesimo tempio ventisette quadri dipinti splendidamente, nei quali vi erano i ritratti dei re e dei tiranni della Sicilia, (ritratti) che procuravano piacere non solo per la maestria dei pittori, ma anche per il ricordo di (quegli) uomini e per la conoscenza dei (loro) tratti fisici. E vedete quanto questo tiranno sia stato per i Siracusani più odioso di tutti i4 precedenti: perché mentre quelli, nondimeno, ornarono i templi degli dèi immortali, costui (invece) portò via anche i (loro) ricordi e i (loro) ornamenti.
Soluzione dell'esercizio: Il periodo ipotetico si Syracusas cepisset, duo templa se Romae dedicaturum (esse) dipende da voverat e può essere del secondo tipo, come induce a pensare l'apodosi con il verbo all’infinito futuro, oppure anche del primo tipo; quest'ultima è anzi, forse, la soluzione migliore, perché il discorso di Marcello, rendendolo indipendente, suonerebbe così: "Se conquisterò Siracusa, dedicherò...". L'incertezza dipende dal fatto che il latino non possiede il tipo dell'eventualità (il classico "secondo tipo" del greco), e questo, per il senso, è precisamente un periodo ipotetico dell'eventualità: infatti solo la pròtasi è incerta (Marcello non sa se conquisterà Siracusa), mentre l'apodosi, una volta realizzatasi la premessa ipotetica, è certa (Marcello è sicuro che, in caso di vittoria, dedicherà due templi agli dèi); deberet è un congiuntivo irreale.
quanto nessuno dei;
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