Recentemente la malattia di un amico mi ha fatto pensare che noi siamo ottime persone quando1 siamo ammalati. Quale ammalato infatti è stimolato dall'avarizia o dalla lussuria2? Non si dedica agli amori, non desidera cariche, non si cura delle ricchezze e per quanto poco (abbia) lo considera sufficiente, come uno che sta per lasciarlo. Allora si ricorda (che esistono) gli dèi, allora (si ricorda) di essere un uomo, non invidia nessuno, non guarda nessuno con ammirazione, non disprezza nessuno, non dà (più) retta nemmeno ai pettegolezzi e non se ne alimenta3: immagina (solo) bagni e sorgenti. Questa (è) la sua più grande preoccupazione, questa la sua più grande aspirazione, e riserva al futuro, nel caso che (gli) riesca4 di scamparla, una vita rilassata e tranquilla, cioè inoffensiva e felice. Quello che i filosofi si sforzano di inculcare con un fiume di5 parole e anche con un'enorme quantità di6 libri, io posso insegnarlo a te e a me in breve: continuiamo7 (quando siamo) sani ad essere tali quali promettiamo di essere (quando siamo) ammalati. |
Soluzione dell'esercizio: i verbi costruiti con il dativo sono: servit, invidet, attendit, praecipere; il participio futuro è relicturus: è da considerare sostantivato, sia pure con significato generico ("uno che sta per lasciare", non "colui che sta per lasciare"); i valori di ut sono i seguenti: ut relicturus sottintende satis habet; letteralmente: "come (lo considera sufficiente) uno che sta per lasciarlo"; introduce quindi una comparativa; ut... perseveremus è invece una completiva del tipo ut-ne; la relativa prolettica (= anticipata) è quod... philosophi docere conantur.
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