Il re (dei Persiani), poiché
aveva concepito un odio implacabile contro Datame,
dopo che capì che egli non poteva essere schiacciato
in guerra, cercò di farlo uccidere in un agguato:
(agguato) che egli, però, riuscì più volte ad
evitare. Infatti, essendo venuto a sapere (lett.:
essendogli stato annunciato) che gli tendevano insidie
alcuni che erano nel numero dei (suoi) amici, volle
sperimentare se gli fosse stato riferito il vero o il
falso. Pertanto andò là dove gli era stato detto che
ci sarebbe stato l’agguato. Ma scelse uno schiavo di
aspetto e di statura molto simile a sé e gli diede il
suo vestito e gli ordinò di aggirarsi dove egli
stesso era solito (aggirarsi); egli stesso invece,
incominciò a marciare con vestito e distintivi di
soldato (lett.: militare) tra le guardie del corpo. Ma
gli attentatori, dopo che la schiera giunse in quel
luogo, ingannati dalla posizione e
dall’abbigliamento, fanno impeto contro colui che
era stato messo al posto (di Datame). Datame, però
aveva precedentemente detto a coloro con i quali
faceva il cammino che fossero pronti a fare ciò che
avessero visto fare a lui [lett.: che egli stesso
(faceva)]. Lo stesso (Datame), come vide gli
attentatori accorrere , lanciò dardi contro di loro.
Avendo fatto questa medesima cosa tutti quanti, (gli
attentatori), prima che raggiungessero colui che
volevano aggredire, caddero trafitti. |
Soluzione
dell'esercizio:
quas ille
plerasque vitavit
=
nesso relativo per
sed eas; eas
è riferito a insidias che è pluralia
tantum
verum falsumne sibi
esset relatum =
una proposizione interrogativa indiretta in cui il
primo membro non ha introduttore, il secondo è
introdotto da –ne
enclitico
futuras
sottintende esse: la proposizione è soggettiva
concurrentes
=
participio predicativo dell’oggetto
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