Perché sono partito per la Grecia - Cicerone
A quel tempo io ero di una gracilità e di una debolezza fisica estreme, avevo un collo lungo e sottile1: e questa costituzione e questo aspetto (fisico) si ritiene non siano lontani dal pericolo di morte2, se (vi) si aggiungono l’affaticamento3 e un grande sforzo dei polmoni. E tanto più preoccupava coloro ai quali ero caro il fatto che4 pronunciavo tutti (i miei discorsi) senza abbassamento di tono, senza varietà, con un timbro di voce altissimo5 e con tensione di tutto quanto il corpo. Perciò, benché sia gli amici sia i medici mi esortassero a smettere di trattare cause, (io) ritenni di dover affrontare qualsiasi pericolo piuttosto che allontanarmi dalla sperata fama oratoria. Ma siccome ritenevo che, con la calma e la moderazione del (tono di) voce e con un diverso stile oratorio, io avrei potuto sia evitare il pericolo di morte2 sia parlare con più garbo, per cambiare le (mie) abitudini oratorie, mi risolsi a partire per l’Asia6. Perciò, dopo essermi occupato [o: pur essendomi occupato] di cause per due anni e benché il mio nome fosse già famoso nel foro, partii da Roma.
Soluzione dell'esercizio:
qui - quae: nessi relativi; quod: congiunzione che introduce una dichiarativa epesegetica; ut (desisterem): congiunzione che introduce una completiva; adeundum - discedendum (sott. esse): perifrastiche passive; temperatius: comparativo dell’avverbio temperate; ut (mutarem): congiunzione che introduce una finale.
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