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AVEVAMO INTUITO GIUSTO:

SENECA

e

SENECA E'

Lettera 94

"Chi è saggio non segue il volgo"

Cercare il favore della folla non porta felicità, ma rovina: Seneca mostra all’amico Lucilio come i precetti della filosofia possano guidare alla virtù in mezzo a facili allettamenti e falsi valori.

Pre-testo

Omnia ista exempla quae oculis atque auribus nostris ingeruntur retexenda sunt, et plenum malis sermonibus pectus exhauriendum; inducenda in occupatum locum virtus, quae mendacia et contra verum placentia exstirpet, quae nos a populo cui nimis credimus separet ac sinceris opinionibus reddat. Hoc est enim sapientia, in naturam converti et eo restitui unde publicus error expulerit. Magna pars sanitatis est hortatores insaniae reliquisse et ex isto coitu invicem noxio procul abisse. Hoc ut esse verum scias, aspice quanto aliter unusquisque populo vivat, aliter sibi.

Occorre rendere vani tutti codesti esempi, che ci penetrano negli occhi e nelle orecchie, e liberare l’animo ingombro di stolti giudizi: occorre far entrare in chi è tutti preso da essi la virtù, la quale sradichi le menzogne e quanto piace pur essendo contrario alla verità, ci divida dal volgo a cui troppo crediamo e ci restituisca al dominio di sani principi. Infatti la saggezza consiste appunto nel rivolgersi alla natura e nel ritornare colà, donde il traviamento generale ha allontanato l’uomo. Una gran parte del senno sta nell’aver lasciato quelli che incitano alla dissennatezza e nell’aver saputo evitare del tutto quelle relazioni in cui ci si nuoce a vicenda. Per convincerti di ciò, osserva quanta sia la differenza tra la vita che si conduce in pubblico e quella che si conduce in privato.

Testo da tradurre

Non est per se magistra innocentiae solitudo nec frugalitatem docent rura, sed ubi testis ac spectator abscessit, vitia subsidunt, quorum monstrari et conspici fructus est. Quis eam quam nulli ostenderet induit purpuram? Quis posuit secretam in auro dapem? Quis sub alicuius arboris rusticae proiectus umbra luxuriae suae pompam solus explicuit? Nemo oculis suis lautus est, ne paucorum quidem aut familiarium, sed apparatum vitiorum suorum pro modo turbae spectantis expandit. Ita est: inritamentum est omnium in quae insanimus admirator et conscius. Ne concupiscamus efficies si ne ostendamus effeceris. Ambitio et luxuria et inpotentia scaenam desiderant: sanabis ista si absconderis. Itaque si in medio urbium fremitu conlocati sumus, stet ad latus monitor et contra laudatores ingentium patrimoniorum laudet parvo divitem et usu opes metientem. Contra illos qui gratiam ac potentiam attollunt otium ipse suspiciat traditum litteris et animum ab externis ad sua reversum.

Seneca, Epistulae ad Lucilium 94. 68-72

 

traduzione letterale

La solitudine di per sé non è maestra d’innocenza, né i campi insegnano la frugalità, ma quando un testimone e uno spettatore (uno che guarda) se ne vanno, cessano i vizi il cui piacere è essere mostrati e guardati. Chi ha indossato una veste di porpora da non mostrare (lett.: tale che non mostrasse) a nessuno? Chi ha posto in piatti d’oro vivande solo per lui (lett.: solitarie) (oppure: chi ha imbandito in vasellame d’oro un banchetto in solitudine)? Chi, sdraiato all’ombra di qualche albero di campagna da solo ha fatto sfoggio di un suo lussuoso abbigliamento (lett.: del suo lusso)? Nessuno sfoggia eleganza (lett.: è elegante) per i propri occhi, neppure (per gli occhi) di pochi o dei familiari, ma dispiega la pompa dei suoi vizi in proporzione alla folla che guarda. È così: chi ammira e chi è a conoscenza e stimolo a tutte le cose per le quali facciamo follie. Otterrai che non bramiamo se otterrai che non ostentiamo. L’ambizione, il lusso e la strapotenza hanno bisogno della ribalta: le vincerai se le terrai nascoste. E così se ci troviamo in mezzo allo strepito delle città, ci stia accanto un consigliere e contro coloro che lodano i grandi patrimoni lodi colui che è ricco con poco e che misura le ricchezze dall'uso (che ne fa). Contro quelli che esaltano il favore (delle masse) e il potere egli ammiri il tempo libero dedicato alle lettere e l’anima rivolta dalle cose esterne alla sua intimità.

 

 

 

 

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