È
un genere letterario nuovo,
che nasce certamente nel periodo ellenistico, seppure non sia possibile
precisare esattamente in quale secolo (forse il II a.C.?).
Si tratta di un fenomeno già in
embrione nel periodo alessandrino (323-31 a.C.), ma che si manifesta in modo
prepotente in quello imperiale (31 a.C.-529 d.C.) e si inserisce nel più ampio
contesto dell’affermarsi di una letteratura "non ufficiale" (o
para-letteratura) come reazione alla cultura di élite, troppo
distante dai gusti e dalle aspettative della gente comune: in questa epoca
prende infatti l’avvio una produzione "popolare" di larghissimo
consumo, generalmente di modeste pretese artistiche (ma non mancano, specie in
ambito latino, le opere di genio), sistematicamente ignorata dalla cultura
ufficiale, la quale si rifiuterà di "canonizzare" questa produzione e
financo di dare un nome al genere narrativo di maggiore successo di questo
periodo: non a caso siamo costretti a ricorrere per esso alla denominazione,
evidentemente impropria perché moderna, di "romanzo", e non a caso le
origini di questo genere, ancorché di recente nascita, di straordinaria
diffusione e destinato ad un impensabile successo nei secoli futuri, si perdono
nel buio più assoluto.
Il nome
"romanzo" risale al Medio Evo (XIII sec.) e designa le opere narrative
di stile cavalleresco in lingua romanza (da cui il nome).
I Greci designavano questo genere
con nomi vaghi ed imprecisi: diéghema Polibio; drama, dramatikòn,
komodìa Fozio (IX d.C.); e ancora, in altre fonti, mythos, historìa,
lògos. Ciò testimonia per lo meno un certo imbarazzo, se non una vera e
propria confusione di idee, da parte dei letterati "seri".
Tale scarsa chiarezza si
ripercuote inevitabilmente sulla nostra conoscenza del genere, che è da
considerare assolutamente parziale e che dovrebbe indurre alla massima cautela
nel formulare ipotesi e giudizi critici su un fenomeno di cui, allo stato
attuale delle cose, ci sfuggono perfino i lineamenti essenziali. Troppo spesso, infatti, si tende
a generalizzare, attribuendo al romanzo antico caratteristiche fisse e tòpoi
narrativi che propriamente, come vedremo, sono da riferire ad un solo filone fra
quelli a noi noti.
Quanto questo tipo di
generalizzazione sia arbitrario, risulta intuitivamente chiaro se solo si prova
ad applicarlo - fatte le debite proporzioni - al romanzo contemporaneo: nessuno
considererebbe legittimo il tentativo di estrapolare da un unico filone odierno
(ad esempio il cosiddetto "giallo") caratteristiche narrative valide
per qualsiasi romanzo (magari Delitto e castigo di Dostoevskij!).
Questo dipende dalle
caratteristiche di "forma aperta" (tanto sul versante formale
quanto su quello contenutistico) tipiche del genere, che gli rimarranno per
sempre proprie e ne decreteranno il successo nei secoli: esso, infatti, a
differenza dei generi "chiusi" (epos, tragedia, etc.), può accogliere
elementi, spunti, suggestioni e contenuti di qualsiasi natura. È dunque il meno
selettivo dei generi per quanto riguarda forma e contenuto.
È pur vero che, a giudicare da
quel che ci è dato intravedere del romanzo antico, la varietà degli stili e l’esigenza
di creatività dovevano essere assai inferiori rispetto a quelle del romanzo
moderno: ma l’esistenza di esperimenti genialmente "irregolari" come
i due romanzi latini dovrebbe indurre quanto meno ad una maggiore prudenza nella
valutazione complessiva del fenomeno.
Filoni narrativi
Pur nella relativa
scarsità dei resti a nostra disposizione, è abbastanza evidente che la
narrativa antica conosceva almeno tre differenti tipologie di
"romanzi", corrispondenti a tre veri e propri filoni; e
precisamente:
a) un filone avventuroso;
b) un filone erotico-avventuroso
"casto", caratterizzato dall'assenza
pressoché assoluta dell’elemento sessuale;
c) un filone erotico-avventuroso
"scabroso", in cui l’elemento sessuale
è presente o addirittura predominante.
Il solo filone che ci sia noto
con una certa precisione è il secondo, che, esso sì, presenta
caratteristiche fisse e ripetitive.
Tutto ciò che si dirà in seguito ha dunque
valore solo in relazione a questo filone.
Origini e precedenti
Gli studiosi, almeno a
partire dall'Ottocento, si sono sbizzarriti nella formulazione di ipotesi circa le
origini di questo genere, ricercando un possibile archetipo delle numerose
opere a noi note. Sarà bene precisare subito che tali ricerche sono approdate
ad un nulla di fatto: gli elementi in nostro possesso non sono sufficienti ad
avallare nessuna delle ipotesi proposte, ed anzi, i più recenti ritrovamenti
papiracei ne hanno categoricamente smentite alcune.
Il problema nasce dal fatto che
gli elementi costitutivi del genere (amori contrastati, peripezie, viaggi in
terre lontane, etc.) non sono difficili da rintracciare in diversi altri generi
o addirittura in opere precise, che costituiscono i precedenti del
romanzo; ma ciò non significa che il romanzo sia da ricondurre ad uno di
questi generi, ne costituisca per così dire la naturale evoluzione: tutti i
romanzi a noi noti hanno caratteristiche peculiari e standardizzate, non
riconducibili a nessun altro genere, che devono evidentemente avere la loro
genesi in qualche momento storico preciso ed in qualche autore preciso, che,
utilizzando il materiale di parecchi altri generi letterari, diede vita ad un
genere consapevolmente nuovo e diverso.
Ora, per l'appunto, è impossibile identificare questo autore (o questi autori) ed il
momento storico in cui ciò accadde: tutti i tentativi compiuti in tal senso si
sono rivelati fallimentari, o comunque non hanno convinto del tutto, per la loro
eccessiva unilateralità. Questo fatto può risultare sorprendente, se si pensa
che il romanzo è il genere più recente della letteratura greca, ma è probabilmente
spiegabile con il già citato silenzio della cultura
"ufficiale" greca e latina a proposito del romanzo, indizio di un
atteggiamento snobistico, quando non di assoluto rifiuto, nei confronti di
prodotti letterari giudicati popolari e scadenti.
Ciò su cui tutti i critici
concordano, come si diceva, è il fatto che si tratta necessariamente di un
genere ellenistico (posteriore cioè alla morte di Alessandro Magno, 323
a.C.): i vari temi epici, tragici, storico-biografici in esso presenti sono
infatti rivissuti alla luce dell'individualismo tipico dell'epoca, ed in una
chiave inequivocabilmente "privata", inconcepibile nel
periodo della pòlis.
Ciò non ostante, per dovere di
informazione, si riportano qui di seguito le cinque principali ipotesi
formulate a proposito delle origini del genere.
Ipotesi sulle origini
-
L'ipotesi di E. Rohde:
secondo lo studioso tedesco il romanzo greco sarebbe nato nel II secolo
d.C. nell'ambito della Seconda Sofistica, e sarebbe fiorito fino al
VI secolo d.C.
La pratica delle declamationes su casi fittizi avrebbe portato alla fusione ed alla rielaborazione, da parte
dei retori, di racconti di viaggi ed elegie erotiche di tipo alessandrino, da
cui discenderebbero i due elementi costitutivi del romanzo greco: quello
avventuroso e quello erotico.
Questa teoria è sicuramente da respingere per motivi quanto meno cronologici:
gli ultimi ritrovamenti papiracei hanno riportato alla luce romanzi ben
anteriori al II secolo d.C. e quindi alla Seconda Sofistica.
L'ipotesi di
C. Lavagnini:
il romanzo greco deriverebbe dalla rielaborazione di leggende locali,
sulla falsariga degli esperimenti già compiuti da Callimaco (cfr. la novella
di Aconzio e Cidippe negli Àitia), ma con minori pretese stilistiche, e
destinata perciò ad un pubblico meno colto.
Questa ipotesi ha il difetto di
non tenere conto della differente natura del romanzo e della novella: oggi nessun critico è più disposto a
credere che il romanzo sia l'evoluzione di un qualsivoglia genere narrativo
breve.
L'ipotesi di
K. Kerényi:
si tratta della teoria a tutt'oggi più convincente ed interessante.
Alle origini del romanzo greco
starebbe il culto di Iside: più precisamente, esso nascerebbe dalla
rielaborazione delle storie sacre sulla coppia Iside-Osiride, assai simili
alle peripezie dei protagonisti del romanzo.
L'ipotesi è affascinante, ma
è stata giudicata troppo unilaterale per l'eccessiva enfasi posta
sull'elemento religioso; oltre tutto non propone alcuna data di nascita
precisa per il genere.
Tuttavia un fatto è
incontestabile: il culto di Iside si diffonde al di fuori dell'Egitto proprio
in epoca ellenistica, ed assume una straordinaria rilevanza in questo periodo;
l'elemento della morte apparente dell'eroina, canonico dei romanzi d'amore e
d'avventura, trova una singolare rispondenza nel culto della dèa (che,
identificandosi con la luna, subisce diverse fasi di morte apparente e
rinascita); inoltre l'accento tutto particolare posto dagli autori dei romanzi
d'amore sulla castità e sulla verginità, elementi anch'essi tipici
del culto di Iside, rappresenta un'assoluta novità nella letteratura greca e
mal si spiega se non come conseguenza di una mutata sensibilità religiosa.
E' forte, poi, la tentazione di
considerare qualcosa di più di una semplice coincidenza la presenza, nelle
"Metamorfosi" di Apuleio, di un significato allegorico connesso
proprio con il culto di Iside.
L'ipotesi di Merkelbach:
riprende sostanzialmente quella del Kerényi dopo che questa era stata
abbandonata, ma la porta alle estreme conseguenze: il romanzo greco altro non
sarebbe che un testo sacro per iniziati, da leggere integralmente in
chiave allegorica: esso racconterebbe in realtà le peripezie dell'anima
per giungere alla perfezione.
La teoria è parsa per lo meno azzardata,
sebbene si attagli alla perfezione almeno ad un romanzo: quello di Apuleio.
L'ipotesi di Q. Cataudella:
egli in sostanza "rilancia" la tesi del Rohde, cercando di sanarne
le contraddizioni cronologiche: il romanzo greco, a parere dello studioso,
può senz'altro essere nato nell'ambiente delle scuole retoriche, ma non
quelle della Seconda Sofistica: infatti la pratica delle declamationes
non nasce con la Seconda Sofistica, bensì molto prima (cfr. Seneca il
Vecchio, che raccoglie numerose di queste opere già nei primi anni del I sec.
d.C.).
Secondo il Cataudella,
quindi, il romanzo evolverebbe dai progymnàsmata retorici, esercizi
scolastici che consistevano nel libero svolgimento di temi storici, mitici o
inventati.
La teoria, pur
aggirando gli scogli cronologici, è parsa criticabile e poco persuasiva: sembra
davvero strano che una creatura vitale come il romanzo possa avere avuto un'origine
così frigida ed artificiosa.
Negli ultimi tempi si è abbandonato il
tentativo di risalire ad una origine precisa ed univoca:
si pone piuttosto l'accento sui precedenti del genere, facilmente
identificabili. Tuttavia è chiaro che non si tratta di un modo per risolvere il
problema, ma solo di un'implicita ammissione di impotenza.
E' comunque interessante prendere in esame tali
precedenti, che ci consentono di comprendere quali materiali letterari siano
confluiti nel "bacino di riciclaggio" del romanzo antico.
I precedenti
Il romanzo è un immenso
crogiuolo che fonde esperienze letterarie diverse, fra cui si riconoscono
facilmente:
ed in
generale tutti i racconti di viaggi favolosi propri della tradizione
mediterranea. Essi hanno influito sia
sull'intreccio del romanzo, ricchissimo di peripezie, sia sulla sua
ambientazione esotica;
-
la tragedia, e
quella di Euripide in particolare: non solo per la presenza di
citazioni testuali di versi tratti da varie tragedie, ma anche per il tono
melodrammatico di certe "tirate" di eroi ed eroine in difficoltà;
il precedente euripideo, filtrato attraverso Menandro, è particolarmente
avvertibile nella predilezione per situazioni sentimentali (è di qui che
deriva l'elemento erotico tipico del genere), nell'importanza accordata
alla Tyche, nelle peripezie a lieto fine, caratteristiche appunto dei drammi
della Tyche (cioè Elena, Ione e
Ifigenia Taurica; vicina allo spirito "borghese" del romanzo è pure l'Elettra);
-
la "commedia Nèa"
(= Nuova), e particolarmente quella di Menandro: alcuni romanzi
sembrano addirittura la traduzione in termini narrativi di certe commedie menandree (si
pensi alla Sàmia); assolutamente menandreo è poi il perbenismo
dell'insieme, l'imborghesimento dei caratteri, il linguaggio atto a non urtare
il "senso del decoro" del pubblico (il fenomeno va sotto il nome di
"giustizia poetica"). Non si dimentichi, poi, che anche in Menandro la
Tyche ha grande importanza;
-
la storiografia ellenistica di stampo
"romanzesco" e "tragico"
(Clitarco, Filarco, Dùride), specie quella imperniata intorno alla figura di Alessandro
Magno,
che si presta bene a giustificare la presenza dell'elemento
avventuroso e dei viaggi in terre lontane.
Proprio questo, a parere di
Luciano Canfora, rappresenta il precedente più immediato e significativo del romanzo
greco, tanto da indurre lo studioso ad ipotizzare che esso ne costituisca
l'elemento genetico (tuttavia tale ipotesi mal si presta a spiegare la
presenza dei numerosi tòpoi ricorrenti nel romanzo
erotico-avventuroso, dei quali si dirà in seguito). In effetti la
storiografia "patetica" è caratterizzata proprio dall'irruzione del
"privato" nei fatti storici, un fenomeno da cui si dicono
infastiditi storici come Polibio e perfino retori come Luciano;
-
la biografia : è
evidente la parentela del romanzo con le c.d. "vite esemplari"
(cristiane e non);
-
la "Ciropedia" e l'
"Anabasi" di Senofonte , opere entrambe in
cui è assai forte il colorito romanzesco (la prima è una vera e propria
biografia romanzata, la seconda viene espressamente riecheggiata da alcuni
romanzieri);
-
l'oratoria
(epidittica e giudiziaria), da cui deriva il gusto per il dibattito ed il modo
di strutturarlo e per l'encomio funebre, ingredienti tipici dei romanzi greci.
Può risultare sorprendente che
invece, secondo la maggior parte degli studiosi, la novella sia da escludere
anche come precedente: come si accennava sopra, alla luce dei recenti
studi narratologici essa risulta essere geneticamente e strutturalmente diversa dal romanzo:
evolve infatti da origini orali ed è per sua natura un genere
"chiuso", come tutte le "short stories", mentre il romanzo
nasce quasi certamente scritto ed è - lo ripetiamo - una forma
"aperta".
Perciò, a detta dei più, sul romanzo greco non avrebbero
influito le celebri e licenziose "Storie milesie" di
Aristìde di Mileto (II a.C.) (clicca
qui per ulteriori notizie sul genere della "fabula milesia"
e clicca qui
se vuoi leggerne una di Petronio, "La matrona di Efeso"), che eserciteranno invece una
potente suggestione sul romanzo latino (clicca
qui per accedere alla scheda sul Satyricon di Petronio).
Occorre però tener presente che
di recente sono stati scoperti frammenti di romanzi erotici greci
caratterizzati da una forte componente sessuale, come quelli latini, cioè
appartenenti ad un filone decisamente diverso da quello dei romanzi d'amore e d’avventura
a noi finora noti: romanzi scabrosi, insomma, se non addirittura pornografici,
sui quali il genere della milesia potrebbe avere influito vistosamente, e
che potrebbero costituire appunto l'antecedente del Satyricon petroniano.
Lo stato delle nostre conoscenze
in tale settore è però così precario da imporre la massima cautela.
Caratteristiche narrative
Nel caso specifico del romanzo
greco d'amore e d'avventura, come si diceva, la creatività è scarsa,
e forte la tendenza alla ripetizione di situazioni-tipo: gli ingredienti sono
sempre più o meno gli stessi, rimescolati in varie combinazioni, secondo il
principio del caleidoscopio. Questo fa sì che se ne possano elencare alcuni
elementi fissi e costanti, le c.d. "costanti del genere" o tòpoi:
: sempre giovanissimi (poco più che bambini), bellissimi, biondi, simili a dèi;
di solito sono di rango sociale elevato;
-
tipo di innamoramento e di amore : nel
romanzo greco - salvo rare eccezioni - ci s'innamora sempre al primo sguardo ("colpo di fulmine"), ed il
sentimento è sempre nobile, appassionato ed
assolutamente casto. Esiste qualche "strappo alla regola", ma
solo maschile, e comunque l'unica vera trasgressione è quella di Clitofonte
in "Leucippe e Clitofonte" di Achille Tazio, forse il più dotato
ed originale fra i romanzieri greci a noi noti: non si può considerare un
tradimento, infatti, quello di Dafni in "Dafni e Cloe" di Longo
Sofista, perché il poveretto viene sedotto da una ragazza più grande di
lui senza neppure sapere che cosa fa;
-
psicologia dei protagonisti :
sono di nobile ed alto sentire, leali, generosi ed onesti; i
"cattivi", di solito, si pentono. La caratterizzazione psicologica
è quindi per lo più prevedibile, piatta ed approssimativa;
-
ambientazione : di
preferenza varia ed esotica, a volte in terre favolose; talvolta è indicata
con precisione l'epoca storica;
-
linguaggio dei personaggi : tipico per la sua ricercata leziosità,
si sforza di apparire semplice, ma è infarcito di citazioni letterarie e fa grande sfoggio
di mezzi retorici (si ricordi la irresistibile parodia petroniana di questo
tipo di linguaggio, messo in bocca all’ "eroino" Gìtone). Tende
al patetico ed al melodrammatico e rifugge accuratamente da ogni volgarità. Il pensiero corre alla inverosimiglianza dei dialoghi delle soap
operas, in cui tutti i personaggi si esprimono in un caratteristico modo
che è nel contempo stereotipo ed innaturale, banale e ricercato. Come il
linguaggio delle soap, o quello dei film dei cosiddetti
"telefoni bianchi", o quello delle pubblicità televisive
natalizie, così il modo in cui si esprimono i personaggi del romanzo greco
presuppone nel fruitore una totale mancanza di spirito critico, una
attitudine morale infantile e bamboleggiante ("femminile" nel
senso deteriore del termine). Nella sostanza sortisce un effetto di
comicità assolutamente involontaria e provoca un senso di rigetto e di
irritazione nel lettore non ingenuo, che si sente chiamato ad essere
complice di una mistificazione. Fa eccezione, in parte, "Leucippe e
Clitofonte" di Achille Tazio, che si configura come
un pastiche ludico, con forti connotazioni metaletterarie, in cui l’atteggiamento
dell’autore appare a tratti ambivalente, oscillante fra la condivisione
delle norme proprie del genere ed il distacco ironico da esse;
-
struttura narrativa :
è del tipo "a superamento di ostacoli" (mentre la struttura del Satyricon
è labirintica, "a trappole"): all'inizio il sogno d'amore dei
protagonisti viene contrastato da qualcuno e reso impossibile; ne seguono
avventure e peripezie varie (tipici i rapimenti, i naufragi, i tentativi di
violenza carnale, l'intervento dei pirati, la morte apparente dell'eroina);
naturalmente il lieto fine è assicurato: i due si ricongiungeranno e potranno
finalmente coronare il loro sogno d'amore. Lo schema narrativo non è molto
diverso da quello descritto da Vladimir Propp per un altro genere scarsamente
creativo, la fiaba di magia (da un danneggiamento o mancanza iniziali,
attraverso peripezie intermedie, all'inevitabile scioglimento finale positivo,
per lo più coincidente con un matrimonio). Né, d'altra parte, è troppo
dissimile da quello de "I promessi sposi", ad ulteriore
dimostrazione del fatto che anche su un impianto narrativo di base
stereotipo è possibile innestare soluzioni narrative geniali. E' questo il
caso dei due romanzi latini, il Satyricon
di Petronio e le Metamorfosi
di Apuleio, la cui statura artistica
è incomparabile con quella dei romanzi greci a noi noti.
La
destinazione del romanzo greco
A che tipo di pubblico era
rivolto un genere letterario dotato di queste caratteristiche? Anche su questo
la critica è in disaccordo.
La sua natura
para-letteraria
sembrerebbe infatti indirizzarlo verso larghi strati popolari (genere
"di consumo"): ma questa destinazione mal si accorda con il tono
di fondo, fortemente letterario, e con lo sfoggio di erudizione e di retorica,
che presuppongono un pubblico in grado di apprezzarne le caratteristiche cólte;
si potrebbe pensare ad una media borghesia con pretese di cultura e gusti
artistici poco sofisticati, che conoscesse molto bene per lo meno Omero ed i
tragici.
Nel complesso si tratta per lo
più di opere di evasione, che nascono forse dall'esigenza di
trasfigurare in senso magico e favoloso una realtà divenuta, in seguito alla
caduta dei valori connessi con la pòlis greca, troppo "comune" e
meschina: il viaggio, elemento onnipresente del genere, può essere
assunto a simbolo stesso di questa volontà di evasione.
Tutto ciò richiama alla mente
fenomeni attuali, come l'interesse della piccola borghesia per il "bel
mondo" dei rotocalchi scandalistici o la partecipazione emotiva delle
casalinghe frustrate alle vicende dei serials televisivi. Siamo agli
antipodi dell'epos, che rifletteva invece uno stile di vita.
I romanzi greci dànno perciò
l'impressione di proporre se stessi come alternativa alla vita:
"letteratura di evasione nel nulla" (Scarcella).
Proponiamo infine l'elenco dei
romanzi antichi (greci e latini) a noi noti.
I ROMANZI GRECI A NOI NOTI
Legenda :
-
Il grassetto segnala i
pochi romanzi superstiti; in mancanza di altre indicazioni, gli altri
sono completamente perduti o noti solo attraverso sporadici frammenti.
-
La sottolineatura, invece,
indica i romanzi più importanti, perduti o meno.
-
Gli autori sono riportati in
ordine cronologico.
Autore
|
Titolo
|
Epoca |
Pseudo-Callìstene
|
Romanzo di Alessandro
(ne possediamo
anche traduzioni in varie lingue)
|
II a.C.? |
Iambùlo siriano
|
(romanzo di avventure; epitomato da Diodoro Siculo)
|
II a.C.
|
?
|
Romanzo di Nino (frammenti)
|
II-I a.C.
|
Caritòne di Afrodisia
|
Le avventure di
Chèrea e Callìroe, 8 libri
|
I a.C.-I d.C.
|
?
|
Romanzo di Metìoco e Partènope
|
I a.C.-I d.C.
|
?
|
Romanzo di Ditti (solo un frammento; noto però nella
versione latina)
|
I d.C.
|
?
|
Romanzo di Darète (noto nella versione latina)
|
I d.C.
|
Antonio Diogene
|
Le meraviglie di là da Thule
(celeberrimo al suo tempo, riassunto dal patriarca Fozio, IX d.C., nella sua "Biblioteca",
e dal neoplatonico Porfirio; ne sopravvive un frammento)
|
I-II d.C.
|
Lolliano di Efeso
|
Storie fenicie (frammenti: raro esempio di romanzo
greco scabroso!)
|
I d.C.
|
Senofonte Efesio
|
Racconti efèsii di Anzia ed Abròcome (detti anche
"Efesìache"), 5 libri (probabilmente compendio di un'edizione in 10 libri)
|
II d.C.
|
Giamblìco Siriano
|
Storie babilonesi (riassunto
da Fozio nella sua "Biblioteca"),16 libri
|
II d.C.
|
Achille
Tazio (Alessandria?)
|
Leucippe
e Clitofonte, 8 libri
|
II d.C.
|
Lucio di Patre (?)
|
Le metamorfosi
(archètipo dell'omonima opera di Apuleio e/o di "Lucio o l'asino"?)
|
II d.C.?
|
Pseudo-Luciano
|
Lucio o l'asino, 1
libro (la trama, pur più succinta, è la stessa delle Metamorfosi di
Apuleio; altro romanzo decisamente scabroso)
|
II d.C.
|
Luciano di Samòsata
|
Storia vera, 2
libri (romanzo d'avventura "fantascientifico", probabile parodia de Le
meraviglie di là da Thule di Antonio Diogene)
|
II d.C.
|
?
|
originale greco della "Storia di Apollonio re di Tiro"
(che conosciamo in latino)
|
II d.C.?
|
Longo Sofista (Lesbo?)
|
Avventure
pastorali di Dafni e Cloe, 4 libri
|
II-III d.C.
|
Eliodòro di Emèsa (Siria)
|
Storie etiopiche di Teàgene e
Cariclèa (note anche come "Etiopiche"), 10 libri
|
III-IV d.C.
|
I ROMANZI LATINI A NOI NOTI
|
Petronio "Arbitro"
|
Satyricon,
in almeno 16 libri (conosciamo per intero il 15°, parte del 14° e del 16°)
|
I d.C.
|
Apuleio di Madauro
|
Le metamorfosi
o L'asino d'oro,11 libri
|
II d.C.
|
?
|
Storia di Apollonio re di Tiro,1 libro (traduzione di un originale
greco perduto)
|
III
d.C.?
IV
d.C.?
VI
d.C.?
|
N.B.: Per molte delle informazioni sopra
riportate siamo debitori della Storia della letteratura greca di A.
Scarcella, ed. Signorelli Roma.
|