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Plinio il Vecchio

(Como, 23-24 d.C. - Pompei, 79 d.C.)

 

La vita23/24 d.C.: Gaio Plinio Secondo nasce a Como.
46-58 d.C.: Inizia giovanissimo la sua carriera militare in Germania: conosce così Gneo Domizio Corbulone, allora generale, Pomponio Secondo, generale e uomo di lettere, e il futuro imperatore Tito.
Dopo la morte dell'imperatore Claudio (54 d.C.) conduce vita appartata: ostile al regime di Nerone, si astiene dalle cariche pubbliche, dedicandosi all'avvocatura.
69 d.C.: Sotto Vespasiano intraprende la carriera di procuratore imperiale.
77-78 d.C.: La Naturalis historia è presentata a Tito. Ora Plinio è prefetto della flotta imperiale di stanza in Campania.
79 d.C.: Muore travolto dall'eruzione del Vesuvio, mentre sta portando soccorso alla popolazione.

 

Le opere: Possediamo solo la Naturalis historia, ma abbiamo notizia di una produzione ben più vasta:

De iaculatione equestri: trattatello sulle tecniche di combattimento a cavallo;

De vita Pomponii Secundi: biografia dell'amico, forse affine al De vita Iulii Agricolae di Tacito;

Bella Germaniae: opera storica; è una delle fonti della Germania di Tacito;

Studiosus: trattato in 6 libri vicino alla Institutio oratoria di Quintiliano: un vero e proprio manuale scolastico per gli studenti di retorica;

Dubius sermo: manuale di grammatica che esamina i problemi e le tendenze del gusto linguistico in Roma; ebbe una notevole fortuna, come dimostra il fatto che è ancora utilizzato e citato dai grammatici di tarda età imperiale;

A fine Aufidi Bassi: l’opera maggiore di Plinio: storia di Roma del periodo dal 50 al 70 d.C. (da Claudio a Vespasiano), che si ricollegava a quella di Aufidio Basso. Trattava di un periodo "scottante", ancora vivo nella memoria dei Romani. Era un'opera di orientamento favorevole alla dinastia flavia; tuttavia Plinio, proprio per evitare accuse di servilismo, non la fece pubblicare. Passò in secondo piano alla pubblicazione delle opere di Tacito.

 

La Naturalis Historia: Si compone di 37 libri, ed è il risultato di anni di studio e di lavoro; è la summa delle conoscenze che Plinio trasse dalla lettura di 2000 volumi di 100 autori diversi.

Piano dell'opera:

Libro 1: indice generale e bibliografia
Libro 2: cosmologia e geografia fisica
Libri 3-6: geografia
Libro 7: antropologia
Libri 8-11: zoologia
Libri 12-19: botanica
Libri 20-32: medicina
Libri 33-37: metallurgia, mineralogia, storia dell'arte.

 

Preceduta da una epistola dedicatoria a Tito, futuro imperatore, l'opera è databile al 77-78 d.C.

In quest’epoca la letteratura risente di un evidente impulso pratico, della necessità di sistemare il sapere acquisito: in questo senso si parla di enciclopedismo, un atteggiamento che nasce dalla volontà di raccogliere e conservare il meglio delle conoscenze in diversi settori. Forte è la richiesta di informazione tecnico-scientifica (più che culturale in senso lato) da parte dei nuovi ceti tecnici e professionali in ascesa. Siamo di fronte ad un fenomeno di consumismo culturale, che spiega ad esempio il successo dei paradossografi come Licinio Muciano, comandante e uomo politico attivo sotto Vespasiano: naturalisti-viaggiatori, autori di paradoxa e mirabilia raccolti di persona o riportati per sentito dire.

Il dilettantismo di opere del genere si rivela nel gusto per i dettagli, nell'assenza di sistematicità, ed esprime il limite della cultura scientifica (o pseudo-scientifica) latina rispetto a quella greca: ad essa manca la capacità di riconoscere ciò che è scientifico (cioè ripetibile in modo sempre identico) da ciò che non lo è, di vagliare criticamente i dati desunti dall’esperienza, e questo è già evidente nella scelta dei modelli, talvolta classici, talvolta "moderni", ora veri scienziati, ora autori pseudo-scientifici, acriticamente accostati.

La Naturalis historia è il prodotto più compiuto di questa tendenza, frutto di un progetto di conservazione integrale dello scibile umano (i precedenti, Varrone, Celso, Vitruvio, Mela e Columella, non hanno una simile ambizione di completezza).

La sezione sulla cosmologia (libro 2°) rivela l’orientamento filosofico di Plinio, quello stoicismo "di mezzo" tipico della classe dirigente dell'epoca, anche se sarebbe più corretta una collocazione di tipo eclettico, per la presenza di divagazioni magico-astrologiche di derivazione orientale.

Pur nella sostanziale mancanza di rigore metodologico dell’opera, che, come si è detto, non discerne le informazioni scientificamente fondate da quelle prive di attendibilità, e pur con il limite evidente dell'autore, costituito dal fatto di essere un semplice compilatore di nozioni e teorie altrui, si apprezzano in Plinio la serietà morale ed il sincero altruismo che ispira il suo gigantesco sforzo di trasmissione del sapere: davvero in lui è particolarmente evidente quello "spirito di servizio" che è riconosciuto dai più come un segno dei tempi.

 

 

Lo stile: È il punto debole della Naturalis historia: la maggior parte dei critici lo giudica insopportabilmente sciatto, tanto che Plinio il Vecchio risulta essere, a detta di molti, il peggior scrittore latino. La disarticolazione delle strutture sintattiche caratteristica dell’età neroniana e flavia diventa in Plinio caotico disordine. Per certi versi questo è comprensibile, se si pensa alla vastità del progetto (è l'opinione del Conte): e tuttavia Plinio dimostra episodicamente ottime capacità retoriche. Forse la spiegazione del fenomeno va ricercata nella destinazione dell’opera, concepita per la consultazione, e non per essere apprezzata come testo letterario.

La fortuna: L'opera di Plinio conobbe una duplice tradizione:

sotto forma di compendio, antologizzata e ridotta (celebre nel Medioevo la Medicina Plinii);

come opera integrale, molto apprezzata nel Medioevo, che considera Plinio una vera e propria autorità del sapere universale.

Nel periodo dal ’300 al ’500 essa viene sottoposta al vaglio filologico degli Umanisti, e la considerazione nei suoi confronti cambia: sebbene infatti molti degli errori contenuti nell'opera di Plinio siano attribuiti ai copisti medievali, tuttavia l'inesattezza delle notizie riportate ne fa vacillare l'autorità scientifica.
Oggi alla Naturalis historia è riconosciuto il valore di un preziosissimo documento storico-culturale, mentre nessuno più ricerca in essa una antistorica attendibilità scientifica.

 

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