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(Volterra, 34 - 62 d.C.)

 

La vita:   Persio nacque a Volterra nel 34 d.C., nell’attuale Toscana. Apparteneva ad una famiglia non nobile ma ricca, di ceto equestre. Ricevette un'ottima educazione: alla scuola di Anneo Cornuto, celebre maestro di filosofia stoica, strinse amicizia con Lucano. Ben presto dimostrò la sua insofferenza nei confronti della retorica, orientandosi decisamente verso la filosofia; scelse lo stoicismo, e a questa linea si dimostrò fedele per tutta la sua breve vita. 

Egli è però fra coloro che dànno del pensiero stoico un’interpretazione opposta a quella abituale in Roma: infatti l’impegno politico è da lui rigettato in favore di un impegno di tipo strettamente personale, morale, non legato in alcun modo alla sfera pubblica (tale ambiguità di fondo, implicita nella concezione stoica del libero arbitrio e del Fato, è evidente anche nell’evoluzione del pensiero di Seneca e nella sua scelta finale di ritirarsi dalla scena politica).

Condusse perciò una vita ritirata, ascetica, nell'intimità della sua villa, e dimostrò una fiera avversione nei confronti dei letterati di gran moda, assidui frequentatori dei salotti letterari della Roma "bene" dell'epoca. 

Coerente fino in fondo con i suoi principi, rinunciò perfino alla pubblicazione delle sue opere. Scriptitavit et raro et tarde, ci dice un suo anonimo biografo. Morì nel 62, lasciando in eredità al maestro Cornuto e all'amico Cesio Basso tutti i suoi scritti, fino a quel momento sconosciuti ai più, con l'incarico di distruggerli. I due decisero invece di conservare 6 satire, che, dopo aver riveduto, pubblicarono.

 

Le satire: Sono scritte in esametri. Ad esse sono premessi 14 coliambi (= trimetri giambici scazonti, il metro di Ipponatte) contenenti la dichiarazione di poetica di Persio, che si definisce poeta semipaganus (= "mezzo campagnolo"), a sottolineare la propria assoluta estraneità al panorama dei letterati "alla moda".

 

Satira 1a: è una feroce stroncatura di tutti i generi letterari di moda all'epoca. Splendido esempio dello stile anomalo e "introverso" di Persio, è essenziale per la comprensione della sua poetica.

 

Satira 2a: ha come bersaglio la religiosità ipocrita;

 

Satira 3a: è la celebre parodia del "Giovin Signore", riecheggiata esplicitamente dal Parini; l'intento di Persio è quello di condannare la vita inutile e vuota che conducono i giovani romani ricchi; 

 

Satira 4a: dedicata al motto apollineo gnòthi sautòn (= "conosci te stesso"), ha come bersaglio polemico tutti coloro che si occupano di politica, e quindi del bene collettivo, senza prima neppure conoscere se stessi, e quindi il proprio bene (è il tema di numerosi dialoghi platonici, ad es. "Alcibiade");

 

Satira 5a: dedicata ad Anneo Cornuto, è dedicata all'esaltazione della virtù stoica;

 

Satira 6a: dedicata a Cesio Basso, contiene un’invettiva contro gli avari: dal punto di vista stoico attaccarsi ai beni materiali (che fanno parte degli adiàfora, le "cose indifferenti") è suprema stoltezza.

 

Lo stile: L’originalità di Persio è legata assai più allo stile che ai contenuti delle sue satire: il giovane poeta utilizza un impasto linguistico assolutamente inedito, che non ha precedenti né imitatori nella letteratura latina. Spesso i critici si sono trovati in difficoltà nel tentativo di spiegare il mistero di questo stile sfuggente e problematico.

L’effetto complessivo è ermetico, l’espressione è contorta ed oscura fino al limite dell’indecifrabilità; e tuttavia Persio utilizza un linguaggio quotidiano, persino piuttosto volgare. Non è dunque la lingua di cui si serve, ma il modo in cui la rielabora a risultare del tutto originale.

La figura che Persio utilizza più spesso è l’acris iunctura, in pratica l'evoluzione della callida iunctura oraziana: essa consiste nell'accostamento di parole di uso comune, poste però in un rapporto logico del tutto inusuale.

Lo scopo è palesemente (e dichiaratamente) demistificatorio: Persio vuole detrahere pellem teneris auribus, "strappare la pelle alle tenere orecchie" (Satira I); vuole cioè strappare il velo del perbenismo ipocrita, del rispetto delle convenzioni sociali che copre il vero volto della realtà.

Gli espedienti più significativi che egli utilizza a tal fine sono:

  • la frustrazione dell'attesa, che consiste nel creare un'aspettativa nel lettore per poi deluderla di proposito, con un effetto di aprosdòketon (= "inatteso");

  • l'alternanza di registri: l’acris iunctura è realizzata in genere mediante la comparsa inaspettata di termini decisamente "alti" e ricercati su una base di sermo cotidianus, o viceversa mediante l'inserimento in contesti "seri" ed aulici di termini inerenti alla sfera sessuale o gastrointestinale.

In questo modo, fra l’altro, Persio seleziona il suo pubblico, al quale è richiesto uno sforzo costante di attenzione e comprensione che le persone superficiali o incolte non sono in grado di garantire.

È tuttavia da sottolineare il fatto che, a differenza di quanto avverrà in Giovenale, alla fase distruttiva nell'opera di Persio ne segue una costruttiva: quello che il poeta ci addita alla fine, infatti, è un modello di vita positivo (che coincide con la virtus stoica).

 





 

 

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