Cari amici, Eccomi di nuovo a voi
Cari amici,
sono finalmente (preferirei dire
“purtroppo”) ritornato dalle vacanze e
adesso, dopo i meritati svaghi, è ora di rimettersi a studiare. Io cercherò di
distrarvi un po’ con le mie scoperte e soprattutto di rendervi il latino più
piacevole.
Vi avevo promesso che vi avrei
insegnato a ricostruire il paradigma di alcuni verbi: alludevo naturalmente a
quelli che hanno il tema quasi uguale in italiano.
Continuiamo allora la nostra rassegna,
facendo una breve carrellata sui cambiamenti che hanno subito le parole latine
nel diventare parole italiane.
Il vocalismo:
in latino le vocali si distinguono in brevi
e lunghe
in italiano si distinguono solo la “è”
e la “ò” aperte dalla “é” e dalla “ó” chiuse, in sillaba tonica.
Il vocalismo italiano deriva dal
vocalismo latino secondo alcune regole fondamentali:
ë lunga e
î breve latini in sillaba
tonica dànno é chiusa
ê breve
latino in sillaba tonica dà
è aperta in sillaba chiusa e iè
in sillaba aperta
ö e û breve
latini in sillaba tonica danno ó
chiuso
ô
breve latino in sillaba tonica dà ò aperta in sillaba chiusa oppure uò in
sillaba aperta.
Sembra difficile, ma se facciamo
qualche esempio tutto si chiarirà:
vênit (= e breve
in sillaba aperta) = viene; pêctus (e breve in sillaba chiusa) = pètto
côquis (= o breve
in sillaba aperta) = cuoci; côctum (o breve in sillaba chiusa) = còtto
Prova a trovare altre parole tu: io te
ne suggerisco qualcuna: nôvus,
bônus, sêdet, tênet, ecc.
Il consonantismo:
i gruppi consonantici del tipo -ct-,
-pt-, -bd-, -dg-, -x-, -ps-, -mn-, ecc. non sono sopportati in italiano a meno
che non si tratti di parole derivate da altre lingue diverse dal latino, come ad
esempio il greco o le lingue germaniche (es.: psicologo, Edmondo).
Facciamo anche qui qualche esempio per
maggior chiarezza:
latino
italiano
octo
otto
septem
sette
ipsa
essa
damnum
danno
scripsi
scrissi
In italiano questi gruppi consonantici
si sono trasformati in consonanti doppie perché la prima si è assimilata alla
seconda (pt = tt).
L’italiano, a differenza del latino e
delle altre lingue del mondo in cui le doppie sono rare, è una lingua
caratterizzata da molte consonanti doppie.
Avrete notato infatti che per gli
stranieri che parlano italiano la pronuncia delle doppie è uno dei punti di
maggior difficoltà.
Ecco perché, per parlare
consapevolmente bene la nostra lingua, dobbiamo conoscere il latino!
Proviamo ora a dare uno sguardo ai
verbi
Le quattro coniugazioni latine si sono
conservate molto bene in italiano anche se a noi sembra che in italiano le
coniugazioni siano soltanto tre terminanti rispettivamente in -are, -ere, -ire.
In realtà nella nostra seconda
coniugazione sono confluite la seconda e la terza coniugazione del latino. Da
che cosa ce ne accorgiamo? Ce ne accorgiamo dall’accento!
Il verbo video
(= vedo), appartenente alla II coniugazione latina, in italiano
all’infinito è parola piana esattamente come in latino: vedère = vidëre
Il verbo scribo
(= scrivere), appartenente alla III coniugazione latina, in italiano
all’infinito è parola sdrucciola esattamente come in latino: scrìvere =
scrìbêre.
Così il paradigma del verbo latino scribo
= scribo, scribis, scripsi, scriptum, scribere corrisponde in italiano
alle voci:
scrivo (b
= v), scrivi (con caduta della desinenza -s), scrissi (-ps- = ss), scritto (-pt-
= tt), scrìvere (b = v).
Prova tu con il verbo conduco o con il verbo dico
e scoprirai che non è così difficile ricordarne il paradigma.
I verbi “fare” e “porre”
derivano anch’essi dal latino in cui appartengono alla III coniugazione: che
cosa è successo a questi verbi nel passare dal latino all’italiano?
Incominciamo da pono
il cui paradigma è pòno, pònis, pòsui,
pòsitum, pònere
Le sillabe toniche (quelle su cui cade
l’accento) sono normalmente più protette di quelle atone (quelle su cui
l’accento non cade); questo perché, parlando, le vocali atone si sentono poco
e col passar del tempo tendono a scomparire. Così pòsitum
è diventato in italiano “pòsto” e pònere,
passando attraverso “ponre” per la caduta della -e- e successiva
assimilazione della -n- alla -r-, è diventato “porre”.
Così da fàcere
si è giunti all’italiano “fare”: se provi a pronunciare velocemente fàcere
facendo sentire bene la sillaba tonica e inevitabilmente meno bene quella atona,
ti accorgerai che la sillaba atona -ce- tende a scomparire perché quasi non
viene pronunciata.
Fâcio
poi, con la â
breve, è un verbo che dimostra
chiaramente nei suoi composti come la vocale breve in sillaba aperta (= sillaba
che finisce per vocale) sia meno protetta che in sillaba chiusa (= sillaba che
finisce per consonante), per cui è sottoposta a gradazione vocalica:
il paradigma fâcio,
facis, feci, fâctum, facêre
diventa in un suo composto:
efficio, effîcis,
effëci, effectum, efficêre
(la
â
breve si trasforma in î
breve in sillaba aperta e in -e- in sillaba chiusa. Dunque poiché nel leggere e
nell’accentare le parole latine vale la legge della penultima (= se la
penultima è breve l’accento cade sulla terzultima, viceversa rimane sulla
penultima), dovrai leggere la seconda persona dell’indicativo singolare èfficis
e non effìcis come tante volte gli
studenti fanno.
Visto com’è vivo nell’italiano il
latino?!
Prova a trovare anche tu altre
somiglianze: ti sorprenderai!
A presto, amici, e buon inizio di anno scolastico a tutti!
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