Ma che animali d'Egitto! da "Le Storie di Erodoto"
Tutti sanno che gli Egizi avevano un rapporto molto particolare con gli animali, che per lo più consideravano sacri. Sapevi, però, che nell'antico Egitto c'era la pena di morte per chi uccidesse volontariamente alcuni animali? E che i gatti degli Egizi avevano, secondo Erodoto, un comportamento così strano da far dubitare che si tratti degli stessi animali che vivono nelle nostre case?
Leggi il brano che segue e te ne renderai conto.
L'Egitto, essendo confinante con la Libia, non è molto ricco di animali: e quelli che ci sono sono tutti considerati sacri da loro, ed alcuni di essi vivono con l'uomo, altri no. Se poi io dicessi per quali motivi sono considerati sacri, finirei col mio discorso sulle cose sacre, che io rifuggo assolutamente dall'esporre: e anche quelle di esse che ho detto di sfuggita, le ho dette perché costretto dalla necessità.
C'è dunque una prescrizione a proposito degli animali che dispone così: come guardiani addetti all'alimentazione di ciascuna specie separatamente sono designati sia maschi sia femmine fra gli Egizi, il figlio dei quali riceve la carica onorifica dal padre.
Gli abitanti delle città compiono tutti, in onore degli animali, questi riti, pregando il dio al quale è sacro l'animale: rasando ai figli o tutta la testa, o la metà, o un terzo della testa, pongono i capelli su una bilancia contrappesandoli con argento; l'argento sollevato dalla bilancia, il cittadino lo dà alla guardiana degli animali; e costei, in cambio di esso, tagliando dei pesci, li offre in pasto agli animali.
Tale è dunque il cibo che è stato prescritto per essi.
Qualora poi qualcuno uccida uno di questi animali, se lo ha fatto volontariamente, la pena è la morte, se invece involontariamente, paga la multa che i sacerdoti stabiliscono. Ma chi uccide un ibis o uno sparviero, o che lo faccia volontariamente, o che lo faccia involontariamente, deve morire.
Benché poi siano molti gli animali che convivono con gli uomini, sarebbero di gran lunga di più, se non succedessero ai gatti i seguenti fenomeni: quando le femmine partoriscono, non si accostano più ai maschi; questi ultimi, pur desiderando unirsi ad esse, non possono farlo. Dunque, contro questo inconveniente, i gatti maschi escogitano le seguenti astuzie: rapiti alle femmine e sottratti loro i piccoli, li uccidono, ma dopo averli uccisi non li dilaniano. Esse allora, private dei figli, e desiderandone altri, finalmente vanno dai maschi: perché questo animale ama i propri figli.
Se poi scoppia un incendio, fenomeni divini prendono i gatti. Infatti gli Egizi, dopo essersi posti a distanza l'uno dall'altro, fanno la guardia ai gatti, senza curarsi di spegnere l'incendio; ma i gatti, intrufolandosi fra di loro e saltando al di là degli uomini, si buttano nel fuoco. Quando accade questo fenomeno, grande dolore prende gli Egizi.
Inoltre, in tutte le case in cui un gatto muore di morte naturale, tutti gli abitanti si radono solo le sopracciglia; quelli presso i quali invece muore un cane, si radono tutto il corpo e la testa.
I gatti morti vengono trasportati in tombe sacre, dove sono seppelliti, dopo essere stati imbalsamati, nella città di Bubastis.
I cani, invece, li seppelliscono ciascuno nella propria città, in urne sacre. Come i cani, così vengono seppelliti gli icnèumoni1.
I toporagni e gli sparvieri li trasportano nella città di Buti, gli ibis ad Ermòpoli.
Gli orsi, che sono pochi, ed i lupi, che sono non molto più grossi di volpi, li seppelliscono là dove li hanno trovati morti.
(Le storie 2. 65-67)
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(1) Probabilmente si tratta di manguste.