Petronio, Satyricon 61-62

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Pensi che i lupi mannari (o licantropi che dir si voglia) siano un'invenzione dei narratori moderni? Ebbene, ti sbagli! Ne parla già Petronio nel Satyricon.

Durante la cena a casa di Trimalcione, infatti, i protagonisti Encolpio, Ascilto e Gìtone hanno modo di ascoltare, fra molte chiacchiere a vanvera, diverse storie macabre e stupefacenti, come questa raccontata dal liberto Nicerote: un indimenticabile "faccia a faccia" con un lupo mannaro in un cimitero deserto!

 

«Quando ero ancora schiavo, abitavamo in Vico Stretto, dove oggi c'è la casa di Gavilla. Lì, dài che ti dài, attacco a farmela con la moglie di Terenzio, l'oste. Magari l'avete anche conosciuta, Melissa, la Tarentina, quel gran pezzo di donna. Io però non ci avevo messo gli occhi sopra perché era una maggiorata o per sbattermela, ma piuttosto perché aveva un cuore grande così. Qualunque cosa le chiedevo, lei me lo dava: se racimolava un soldo, la metà finiva a me. Quanto al sottoscritto, quello che avevo lo passavo nelle sue tasche e non ci ho mai preso delle fregature. Un giorno, mentre se ne stava in campagna, il suo ganzo tira le cuoia. Allora io, facendo il boia e l'impiccato, cerco con ogni mezzo di raggiungerla, perché - sai come si dice - gli amici li si vede nel bisogno.

Il caso volle che il mio padrone se ne fosse andato a Capua a vendere il fior fiore del suo ciarpame. E così, cogliendo la palla al balzo, convinco un nostro ospite ad accompagnarmi fino al quinto miglio. Mica per altro: era un soldato e per giunta forte come un demonio. Alziamo le chiappe al primo canto del gallo e con una luna così chiara che sembrava di essere di giorno. Finimmo dentro un cimitero: il mio socio si avvicina a una lapide e si mette a pisciare, mentre io attacco a contare le lapidi fischiettando. A un certo punto, mi giro verso il tipo e vedo che si sta togliendo i vestiti di dosso e butta la sua roba sul ciglio della strada. A me mi va il cuore in gola e resto lì a fissarlo che per poco ci resto stecchito. Ed ecco che quello si mette a pisciare tutto intorno ai vestiti e di colpo si trasforma in lupo. Non pensate che stia scherzando: non mentirei nemmeno per tutto l'oro del mondo. Ma, come stavo dicendo, appena trasformato in lupo, attacca a ululare e poi si va a imboscare nella macchia. Sulle prime io non sapevo più nemmeno dov'ero: poi mi avvicino ai suoi vestiti per raccoglierli, ma quelli erano diventati di pietra. Chi più di me avrebbe dovuto morire dalla paura? Ciò nonostante sguaino la spada e, menando colpi alle ombre, tra uno scongiuro e l'altro, arrivo fino alla casa della mia amica. 

Entro che sembro un cadavere, senza più fiato, con il sudore che mi scorre tra le gambe e gli occhi spenti. Tanto che per riprendermi ci metto un bel po'. La mia Melissa, stupita di vedermi in giro a quell'ora della notte, mi fa: "Se solo fossi arrivato un po' prima, almeno ci avresti dato una mano: un lupo è entrato nel recinto e ci ha massacrato tutte le pecore come un macellaio. Comunque, anche se è riuscito a scappare, non ha da stare allegro, perché un nostro servo gli ha trapassato il collo con la lancia". Dopo aver sentito questa storia, non riesco a chiudere occhio per tutta la notte, ma alle prime luci dell'alba me la filo a casa del nostro Gaio, nemmeno fossi un oste appena ripulito. E quando passo davanti al punto in cui i vestiti del mio compare erano diventati di pietra, ci trovo soltanto una pozza di sangue. Quando arrivo a casa, il soldato è lì sbracato sul letto come un bue, con al capezzale un medico impegnato a curargli il collo. Allora mi rendo conto che è un lupo mannaro e da quel giorno non ho più mangiato con lui manco un tozzo di pane, nemmeno a costo della vita. 

Liberi voi di pensare quello che volete, ma se vi racconto una frottola, mi stramaledicano i vostri numi tutelari».

 

 

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