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INDICE: |
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Cenni di prosodia e metrica PREMESSA: Anzitutto occorre prendere atto di un dato elementare quanto fondamentale: la metrica latina e greca è diversa dalla nostra, estranea alla nostra sensibilità linguistica e quindi riproducibile solo in parte e convenzionalmente. La metrica italiana è accentuativa, basata sul ritmo; infatti:
La metrica latina e greca, invece, è quantitativa; essa cioè:
E' dunque di fondamentale importanza, per la metrica latina e greca, saper distinguere la quantità delle sillabe: di questo si occupa la prosodìa. Si dice prosodìa il complesso delle regole dell'accentazione e della quantità sillabica delle parole. In generale: - una sillaba è breve se contiene una vocale breve: si riconosce da quel segno caratteristico, simile ad una piccola mezzaluna, tracciato sopra di essa nei vocabolari e nelle grammatiche (ĕ); - una sillaba è lunga se contiene una vocale lunga o un dittongo: una vocale lunga si riconosce da quel segno caratteristico, simile ad un trattino, tracciato sopra di essa nei vocabolari e nelle grammatiche (ē); - una sillaba si dice ancìpite se la sua quantità è indifferente. Per riconoscere la quantità delle sillabe esistono alcune regole (ma è di fondamentale importanza consultare il vocabolario in caso di dubbio): - legge della penultima (vedi sotto); - i dittonghi (ae, au, ei, eu, oe, ui) sono lunghi; - una vocale breve, quando è seguita da due o più consonanti, viene considerata lunga (si dice "lunga per posizione"). Questo vale anche per le consonanti "doppie", come la x (che si pronuncia cs e quindi conta per due) e anche se le due consonanti fanno parte della parola successiva; - una vocale seguita da un'altra vocale è considerata breve (vocalis ante vocalem brevis); - positio debilis: la vocale che precede due consonanti delle quali la prima è una muta (b, c, d, g, p, ph, t, th) o f + una liquida (l, r) è in posizione debole, cioè può essere sia lunga sia breve; - unius, istius, ipsius, ullius, totius hanno la I di -IUS lunga; - I finale è lunga (fanno eccezione nisi, quasi; è ancipite in mihi, tibi, sibi, ubi, ibi); - O finale è lunga (fanno eccezione ego, duo, modo); - U finale è lunga; - as, -os, -es finali sono lunghe; - is finale è generalmente breve; - us finale è generalmente breve; - una parola non monosillaba, che termini in consonante diversa da s, ha l'ultima sillaba generalmente breve; - i monosillabi che escono in vocale sono generalmente lunghi; - i monosillabi uscenti in consonante sono generalmente brevi (fanno eccezione i monosillabi sostantivi o aggettivi come ver, pes etc., che sono lunghi); - le sillabe che terminano in -c sono lunghe (fa eccezione donec, che ha la -e- breve); - sono brevi le enclitiche -que, -ve, -ne. Le regole per la pronuncia del latino (clicca qui per ulteriori dettagli) sono tre: 1) "legge della baritonèsi": in latino l'accento non cade mai sull'ultima sillaba: non esistono quindi parole tronche, tipo "città". C'è qualche eccezione, ma solo apparente: adhùc, illìc, illùc e parole del genere; ma in realtà si tratta di parole apocopate, ovvero mutile dell'ultima sillaba (in origine erano adhùce, illìce, illùce); 2) "legge del trisillabismo": in latino l'accento non può mai cadere oltre la terzultima sillaba: quindi può esserci al massimo una parola sdrucciola, tipo "tàvolo" (ad es. ìncipit), ma assolutamente non una parola bisdrucciola, tipo "telèfonami"; 3) "legge della penultima": nelle parole di tre o più sillabe, si possono verificare due casi:
PRINCIPI GENERALI DI METRICA LATINA Si
dice PIEDE l'unità di misura metrica,
cioè un gruppo
di sillabe brevi e lunghe riunite sotto un ICTUS (= accento ritmico). Nel piede si
distinguono: ARSI (parte forte, "in battere", cioè quella
su cui cade l'ictus) e
TESI (parte debole, "in levare"). Tale denominazione è
alquanto discutibile e comunque valida solo in relazione alla
metrica latina: infatti in quella greca è vero l'esatto contrario,
come del resto è evidente dall'etimologia dei due termini
("arsi", da àiro = "alzo", è il tempo
debole, e "tesi", da tìthemi =
"colloco", è il tempo forte). La lettura metrica di un verso si
chiama SCANSIONE. I piedi principali sono:
sono discendenti i piedi che cominciano con un'arsi (tempo forte). Si dicono ACATALETTICI i versi che terminano con un piede intero; si
dicono CATALETTICI i versi che hanno l'ultimo piede mancante
di una o più sillabe (ad es. l'esametro dattilico).
Es.:
conticuere omnes = conticueromnes; cuiquam aut = cuiquaut. Es.:
tactus aratro est = tactus aratrost. Es.:
pecuri et (Virgilio), dove -i non si elide. Es:
caldus per calidus. Es: nec per neque.
SINIZESI: fenomeno che consiste nel considerare unite in una sola sillaba due vocali che appartengono a due sillabe diverse. Es.: di-e-i (trisillabo) = di-ei (bisillabo).
DIERESI: è l'opposto del precedente: consiste nel considerare separate due vocali che appartengono a un dittongo. Di solito è segnalata dal simbolo ¨ sopra la seconda vocale del dittongo. Es.: au-rum (bisillabo) = a-ü-rum (trisillabo).
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Schema dei principali versi Esametro dattilico catalettico:
Tìtyre, tù patulaè recubàns sub tègmine fàgi sìlvestrèm tenuì Musàm meditàris avèna.
Schema delle cesure e delle dièresi: a = semiternaria (o tritemìmera) b = semiquinaria (o pentemìmera) c = trocaica o del terzo trocheo (katà trìton trochàion) d = semisettenaria (o eftemìmera) e = dièresi bucolica (o femminile).
Esempio: Tìtyre, tù patulaè || recubàns sub tègmine fàgi cesura semiquinariasìlvestrèm || tenuì Musàm || meditàris avèna. cesure semiternaria + semisettenaria. |
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Distico elegiaco (esametro + pentametro):
Dìcebàs quondàm | solùm te nòsse Catùllum, Lèsbia, nèc prae mè | vèlle tenère Iovèm. |
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Cùi donò lepidùm novùm libèllum àridà modo pùmice èxpolìtum? |
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Trimetro giambico (senario giambico):
La forma pura, costituita da sei giambi, è piuttosto rara; al posto del giambo possiamo trovare alcune soluzioni metriche: lo spondeo, il trìbraco, l'anapesto, il dattilo e perfino il rarissimo proceleusmàtico (successione di quattro brevi).
N.B.: alcuni metricologi accentano tutti e sei i "piedi" giambici: ne risulta una pronuncia tipo "papà, papà, papà, papà, papà, papà". Poiché però l'unità di misura è costituita dalla coppia di giambi (da cui il nome greco di "trìmetro"), altri propongono di accentare solo i "piedi" pari (da cui una pronuncia tipo "venite giù, venite giù, venite giù"); la pronuncia più diffusa è però quella che accenta solo i tre "piedi" dispari (pronuncia tipo "facèvano, facèvano, facèvano"), come a noi pare preferibile.
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Trimetro giambico scazonte (coliambo):
N.B.: alcuni metricologi accentano tutti e sei i "piedi" giambici; altri propongono di accentare solo i "piedi" pari; la pronuncia più diffusa è però quella che accenta solo i tre "piedi" dispari più il piede "zoppo" finale, come a noi pare preferibile.
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Strofe saffica minore (3 endecasillabi saffici + 1 adonio):
Fùri et Àurelì, comitès Catùlli, sìve in èxtremòs penetràbit Ìndos, lìtus ùt longè resonànte Eòa tùnditur ùnda. |
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(2 endecasillabi alcaici + 1 enneasillabo alcaico + 1 decasillabo alcaico):
Vidès ut àlta | stèt nive càndidum Soràcte nèc iam | sùstineànt onus silvaè labòrantès gelùque flùmina cònstiterìnt acùto.
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N.B.: Il "segreto" per riuscire a leggere questo verso, bellissimo e molto musicale, ma un po' astruso, è di far sentire in modo marcato le tre pause. La pronuncia comunque non è sicura: alcuni metricologi accentano sia la prima sia l'ultima sillaba, altri solo una delle due, come a noi personalmente pare preferibile, altri nessuna delle due. C'è poi chi omette il quinto ictus metrico. Noi, per completezza, riportiamo tutti gli accenti nel primo esempio.
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