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L’elegia e la satira presso i Romani  

 

Possiamo sfidare i Greci anche nell'elegia, (genere) di cui Tibullo mi sembra l'autore più puro ed aggraziato. Vi sono (alcuni, però,) che preferiscono Properzio. Ovidio è più manierato di entrambi, come Gallo (è) più legato. Certamente tutta nostra è la satira, nella quale Lucilio che per primo si conquistò grande lode, ha (lett.: ha per sè) ancora adesso degli estimatori così devoti che non esitano a preferirlo non solo agli (altri) autori dello stesso genere letterario (lett.: della stessa opera), ma a tutti i poeti. Io quanto dissento dagli altri, tanto (dissento) da Orazio, che pensa che Lucilio "scorra fangoso" e che ci sia qualcosa che si potrebbe togliere. Infatti egli possiede una cultura straordinaria (lett.: in lui la cultura è straordinaria) e spirito libero e quindi mordacità e arguzia in abbondanza. Molto più limpido e puro è Orazio e, se non m'inganno per amore nei suoi confronti, (a mio avviso egli è) il massimo. Persio ha meritato anche, sebbene con un libro solo, grande e vera fama (lett.: molto anche di vera gloria). Vi sono pure oggi (poeti) illustri e che saranno nominati in futuro. Terenzio Varrone, l'uomo più erudito dei Romani, codificò quell'altro genere di satira già preesistente, ma caratterizzato (lett.: mescolato) non dalla sola varietà dei metri. Costui compose moltissime e dottissime opere (lett.: libri), espertissimo (conoscitore) della lingua latina e di tutte le antichità sia greche sia nostre (lett.: di ogni antichità sia delle cose greche sia delle nostre), destinato tuttavia a portare un contributo più all'informazione che all'eloquenza.

 

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