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Sensibilità sociale di un romano

 

Mi hanno abbattuto le malattie, le morti anche, dei miei (schiavi), (che erano) per giunta (ancora) giovani. Due (sono i miei) conforti, per nulla pari ad un così grande dolore, ma comunque dei conforti: uno (è) la (mia) facilità di affrancare (gli schiavi) - (mi) sembra infatti di non aver perduto del tutto prematuramente (lett.: prematuri) quelli che ho perduto (quando erano) già liberi -, l'altro (è) il fatto che permetto anche agli schiavi di fare una sorta di testamento, e lo rispetto come legittimo. Ordinano e chiedono quello che (è) sembrato (loro) opportuno; (io) obbedisco come se avessi ricevuto un ordine (lett.: fossi stato ordinato). Fanno divisioni, doni, lasciti, (ma) solo all'interno della casa; per gli schiavi infatti la casa è una sorta di Stato e per così dire una città. Ma sebbene (io) trovi la calma con questi conforti, sono abbattuto e angosciato da quella stessa umanità che mi ha spinto a permettere proprio ciò. Non per questo tuttavia vorrei diventare (di animo) più duro. Né ignoro che altri definiscono casi simili (lett.: di tal genere) nulla più che un (semplice) danno e che per questo credono (lett.: sembrano a se stessi) di essere uomini grandi e saggi. Se questi siano grandi e saggi, non lo so; (ma di sicuro) non sono uomini. E' proprio di un uomo, infatti, essere colpito dal dolore, sentir(lo), resister(gli) tuttavia e ammettere dei motivi di conforto (lett.: dei conforti), non il poter fare a meno di un conforto (lett.: di conforti).

 

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